Quando la moda entra nel carrello

Articolo scritto da:
Corrado Manenti
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Uno sfondo rosa con le scritte 'quando es el carrello' e quando la moda.
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La top model Heidi Klum diventa stilista per Lidl

QUANDO LA MODA NEL CARRELLO FUNZIONA?

Il fenomeno delle linee di moda private label nella grande distribuzione sembra aver trovato una seconda giovinezza.  Dal punto di vista dei numeri ci troviamo davanti a dati interessanti ed a una crescita continua. 

Ma cosa succede dal punto di vista dei Designer?
e nella mente dei consumatori questo cosa significa?
Scopriamolo insieme.

Quando ho letto qualche giorno fa che Lidl, la nota catena della grande distribuzione tedesca, ha ingaggiato la top model Heidi Klum per lanciare una nuova linea di abbigliamento (rigorosamente low cost) ammetto di non essere rimasto particolarmente sorpreso.

Il fenomeno del Co-Branding e delle collaborazioni con firme o stilisti ha assunto negli ultimi anni un’importanza mediatica crescente. Molti brand del mass market (a partire da H&M) hanno sfruttato queste collaborazioni per cercare di aumentare la percezione di qualità e prestigio del proprio brand nella mente dei propri consumatori. Ci saranno riusciti? E sopratutto chi ha avuto alla fine i maggiori benefici? E di quale tipo?

Partiamo dal principio: il fatto di poter comprare dei vestiti al supermercato mentre si va a fare la spesa non è certo una novità. Sebbene si cerchi di attribuire al fatto che il mondo della moda abbia in qualche modo “sdoganato” lo scenario del supermercato con la sfilata di Chanel del 2014, in Italia siamo sempre stati abituati ad andare al mercato cittadino.

Mi ricordo che, ad esempio, mia Zia aveva un piccolo furgone che era pieno zeppo di vestiti di ogni genere (che andava periodicamente a recuperare dai grandi spacci e confezionisti nella zona di Napoli) e quasi i tutti i giorni della settimana si svegliava prestissimo per allestire ogni giorno in una città diversa, il suo piccolo “temporary shop” fatto di qualche asse di legno e appendiabiti.

Erano tempi diversi, non esistevano Inditex e il fast fashion, non esistevano i grandi centri commerciali dove potevi trovare ogni genere di marchio e di modello di abito. C’era il bisogno di comprare qualcosa per vestirsi, e c’era la scarsità:

Le taglie e i colori erano quelli e se non ti piacevano dovevi accontentarti e sapevi che comunque se avevi bisogna di qualcosa dovevi comprarlo lì, in quell’esatto momento, altrimenti avresti dovuto aspettare la settimana seguente quando il mercato si sarebbe fermato di nuovo nella tua città.

Poco importava per la gente che andava al mercato se a pochi passi potevi comprare anche frutta e verdura o addirittura il pesce (la bancarella del pesce era quella che notoriamente nessuno voleva avere vicino a causa dell’odore intenso) per gran parte degli Italiani è sempre stato familiare andare a fare compere al mercato.

Questo è un concetto che si applica bene a tutte le iniziative della GDO (per esempio Lidl, Tesco) fatte in questa direzione:

Ci è familiare recarci al supermercato e trovarci dei vestiti

La seconda domanda che dobbiamo farci è personale, ma penso che la risposta nella maggior parte dei casi sia negativa:

Ci è familiare recarci al supermercato e trovarci dei vestiti…ma ci è altrettanto familiare comprarli?

Probabilmente no.

Questo è dovuto a un fatto semplice quanto allo stesso tempo spietato, stiamo parlando di “vestiti” non di moda. Nessuno compra perché ha “bisogno” di qualcosa (a meno di essere accidentalmente finito in una pozzanghera).

Qual era il problema sostanziale del mercato che con il tempo ne ha pregiudicato la sopravvivenza anche a causa dell’avvento di outlet e centri commerciali?

“I vestiti che potevi (e ancora oggi) puoi comprare al mercato non sono alla moda, hanno marchi di fantasia o sono anonimi e l’unico attributo rilevante nella mente del consumatore è il fatto di costare poco”

E quello che forse era ancora peggio era che notoriamente anche la qualità fosse infima. Ora che esistono Zara, H&M (anche la stessa Oviesse) che hanno elevato gli standard di qualità produttiva e la qualità percepita, non stupisce che nessuno vada più a comprare al mercato [con sommo sconforto della mia povera Zia]

Quando parliamo di moda il concetto è diverso. Perché? Perché abbiamo una percezione diversa.

La nostra esperienza del mondo è guidata da una serie di categorie mentali nelle quali noi suddividiamo le nostre esperienze a seconda di certi attributi che riteniamo importanti.

Questi sono dei processi di psicologia cognitiva che sono stati studiati in dettaglio da Gerome Bruner e sono gli stessi elementi che spiegano il concetto di marketing fondamentale del Posizionamento teorizzato nel 1969 da Al. Ries e Jack Trout (venuto a mancare pochi giorni fa).

Per questo motivo è molto difficile che una qualsiasi linea di vestiti voi troviate in un supermercato possa essere percepita “di moda”, non importa quanto sia bello il design, lo stile e la vestibilità, l’ unica determinante che analizzerete sarà il prezzo e, fidatevi, sarà un confronto verso il basso.

Una rastrelliera di vestiti alla moda entra nel carrello.

Fa sorridere a tale proposito l’opinione di Sebastien Jan Direttore tessile di Carrefour in un’intervista a Pambianco Magazine:

“Il consumatore non è più fedele al brand. Può acquistare in posti diversi. Noi, dal canto nostro, abbiamo cercato di lavorare il più possibile sul prodotto tenendo fermo un concetto chiave: il prezzo”

— SEBASTIEN JAN

 

La percezione resterà sempre quella, è in assoluto un male? Probabilmente no, ma il target di persone che acquisteranno quelle linee sarà sempre più o meno lo stesso delle line base, attratte dalla convinzione (illusoria) che la moda possa diventare democratica e che esista un rapporto qualità prezzo verso l’alto. Non attraendo in nessun modo i compratori abituali di catene come “ZARA” dove di solito la percezione comune è:

“Ah! L’hai comprato da ZARA? Non l’avrei mai detto”

che sottintende il principio “è un bel capo economico ma sembrerebbe valere di più”.

Per concludere:

 

QUANDO LA MODA NEL CARRELLO FUNZIONA?

Quando funziona per la GDO?

  1. Quando il Designer è sufficientemente iconico per essere facilmente riconoscibile dal maggior numero possibile di persone sia come personaggio sia per il codice stilistico.

  2. Quando il prezzo è molto più alto e la qualità percepita è superiore rispetto alle altre collezioni presenti nello store.

  3. Quando si è in grado di utilizzare la scarsità per rendere l’uscita della collezione un vero proprio evento unico ed irripetibile vista la natura “limited edition” della collaborazione.

  4. Se genera sufficiente PR ed engagement da giustificare l’investimento stesso in marketing e comunicazione.

Quando Funziona Per il Designer?

  1. Se la percezione della collaborazione è volta a “dare valore” e “nobilitare” qualcosa che altrimenti sarebbe considerato “basic”.

  2. Se l’apporto del Designer giustifica un aumento di prezzo di vendita ben superiore agli standard del marchio originale.

  3. Se è una collaborazione “una tantum” per un numero limitato di pezzi.

  4. Se l’insieme delle cose crea del potenziale “aspirazionale” tale da generare una nuova categoria di appassionati e cultori del brand che potranno diventare in futuro clienti attivi.

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Un gruppo di persone posa davanti a una macchina fotografica per delle foto, mostrando il fascino e l'ossessione per le tendenze virali spinte troppo oltre.

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Corrado Manenti, il designer dei designer, mette in mostra il suo lavoro in Elementor Articolo singolo #3277.
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